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La complessa ed articolata disciplina del consenso informato trae il proprio fondamento in una pluralità di fonti differenziate: 1. La Costituzione Italiana [1], 2. Il Codice Civile[2], 3. Il Codice Penale[3], la legge 28 Marzo 2011 n. 145[4], la legge 13 Maggio 1978 n. 180[5], la legge 23 Dicembre 1978 n. 833[6], la legge 5 Giugno 1990 n. 135[7], il D. lgs. 24 Giugno 2003 n. 211[8] di attuazione della direttiva 2001/20/CE sulla serimentazione di medicinali per uso clinico ed, infine, il Codice di Deontologia Medica del 16 Dicembre 2006 [9]. Alla base della liceità della prestazione sanitaria vi deve essere il consenso al trattamento espresso dal soggetto che ne è destinatario. Il consenso: a) deve essere immune da errore, violenza e dolo; b) deve pervenire da un soggetto legalmente capace, salve le ipotesi di temporanea incapacità naturale , di minore e di paziente affetto da vizio di mente abituale; c) deve essere fornita al paziente un’informazione completa ed adeguata al fine di assicurare che la manifestazione del consenso sia il frutto di una scelta meditata e consapevole.
La manifestazione del consenso deve quindi essere ricondotta ad una collaborazione tra il sanitario ed il paziente al punto che è stato coniato il termine di alleanza terapeutica utile da un lato ad evocare il livello di collaborazione necessario e, dall’altro anche a sottolineare il cambiamento di prospettiva che caratterizza l’istituto.
Si è infatti passati da un rapporto medico-paziente di carattere esclusivamente fiduciario - nel quale il paziente si affidava alle cure del medico delegando al medesimo ogni scelta rispetto alle cure ed alle terapie ritenute più opportune e nel quale molte delle ipotesi di esito negativo delle cure non approdavano nemmeno ad uno sbocco giudiziale e, laddove vi fosse stato un esito giudiziale, era frequente l’assoluzione del personale sanitario invocando gli art. 51 e 54 del Codice Penale, in tema di consenso dell’avente diritto e di stato di necessità – ad un nuovo modello di rapporto che ha al centro la persona.
Il nuovo approccio salda la rilettura del diritto costituzionale alla salute ed il principio – anch’esso di rango costituzionale – di inviolabilità della libertà personale.
Dunque nel nuovo assetto il paziente partecipa con il medico all’individuazione dei vari modelli di diagnosi e di cura praticabili, sino alla possibilità di rifiutare le cure: dunque un modello che è frutto di un’evoluzione giurisprudenziale ma che, allo stesso tempo, si interfaccia con significativi mutamenti legislativi in ambito nazionale e comunitario.
La necessità del consenso informato è conseguenza diretta del principio costituzionale dell’inviolabilità della libertà personale che esclude ogni restrizione a tale libertà se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria. Dunque una lettura costituzionalmente orientata del consenso informato – che tenga anche conto dell’art. 32 in tema di tutela del diritto alla salute - presuppone che il paziente possa esprimere un consenso immune da vizi dopo aver avuto piena conoscenza della natura del trattamento sanitario al quale dovrà essere sottoposto[10], dei risultati che potranno essere conseguiti ed anche delle possibili conseguenze negative e senza poter distinguere tra chirurgia estetica e chirurgia riabilitativa .
La costruzione del rapporto tra paziente e professionista in termini di contratto permette inoltre di qualificare il consenso come uno degli elementi essenziali di questo vincolo contrattuale, di tal che l’obbligo di informazione deriva dal comportamento secondo buona fede al quale si è tenuti nello svolgimento delle trattative propedeutiche alla formazione del contratto. La giurisprudenza ha via via posto l’attenzione sulla rilevanza delle caratteristiche dell’informazione che non deve essere ricondotta pertanto ad una mera attività burocratica formalizzata nella sottoposizione al paziente di una quantità rilevante di moduli. Al contrario, un consenso effettivo ed immune da vizi si potrà formare solo dopo che il paziente avrà avuto piena conoscenza dell’intervento o del trattamento da eseguire, della portata e dell’estensione dei suoi rischi; l’obbligo si estende ai rischi prevedibili e non anche agli esiti anomali, al limite del fortuito, nella consapevolezza che l’operatore sanitario deve contemperare il diritto del paziente ad un’informazione completa ed adeguata con la necessità tuttavia di evitare che per una qualsiasi remota eventualità il paziente eviti di sottoporsi all’intervento sanitario[11].
La complessità dell’obbligo di informazione del paziente è tale poiché essa non si deve limitare all’intervento propriamente detto ma si deve estendere anche al trattamento anestesiologico: in questo contesto il consenso informato riguarda non solo i rischi tecnici in relazione alla situazione soggettiva ed allo stato dell’arte della disciplina ma anche la situazione della struttura ospedaliera in relazione allo stato delle attrezzature e delle dotazioni disponibili.. La particolare complessità di alcuni interventi può appalesarsi nelle varie fasi anche in ragione del trattamento anestesiologico che, nel contesto dell’intervento, si caratterizza per costituire una fase autonoma e distinta e, come tale, comportante rischi specifici rispetto ai quali sussiste l’obbligo di informazione del paziente[12].
La forma del consenso, come detto, non può estrinsecarsi in una mera sottoscrizione di moduli ma deve essere preceduta da un’attività di informativa del paziente completa e personalizzata: ciò deve avvenire senza dubbio mediante un dialogo preliminare tra il medico ed il paziente nel quale il paziente sia reso edotto circa la natura dell’intervento , sulla sua portata e sui risultati stessi. Solo sulla base di tale preventivo espletamento di questi obblighi di natura informativa, potrà darsi conto del fatto che il dovere di informazione del paziente sia stato pienamente rispettato [13]; diversamente, laddove il medico sottoponga al paziente un modulo generico dal quale non sia desumibile con certezza il fatto che il paziente abbia ottenuto informazioni esaustive, non vi è dubbio che ricorrerebbe la violazione dell’obbligo del consenso informato. Dovrà pertanto essere ben chiaro che al paziente siano stati segnalati i rischi, la natura, le caratteristiche e le controindicazioni del trattamento sanitario e che il paziente lo abbia ben compreso.
Quid iuris laddove sia violato l’obbligo di informazione del paziente? Tale violazione dà luogo ad un danno risarcibile qualora l’esito del trattamento sanitario applicato sia stato negativo: ne consegue che quand’anche la prestazione sanitaria sia stata erogata esattamente e correttamente, ciò non ha alcun rilievo in difetto del consenso, dal momento che il pregiudizio risarcibile deve essere ricondotto al vulnus che subisce il diritto del paziente ad autodeterminarsi in tutte le decisioni che attengono alla propria salute[14].
La mancanza di consenso può dunque assumere rilevanza ai fini risarcitori, anche in assenza di lesione alla salute, qualora siano configurabili conseguenze pregiudizievoli che siano derivate dalla violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione del paziente: in questo contesto, Ad esempio, non potrebbe essere negato il diritto alla tutela risarcitoria a chi abbia consapevolmente rifiutato una trasfusione di sangue in quanto contraria al proprio credo religioso, sebbene al paziente sia stata salvata la vita proprio per effetto della trasfusione, dal momento che – argomenta la Suprema Corte – non è escluso che il paziente avrebbe potuto preferire di non continuare a vivere[15]; analogamente non potrebbe essere esclusa la risarcibilità del danno non patrimoniale da acuto o cronico dolore fisico nel caso in cui la scelta del medico di privilegiare la tutela dell’integrità fisica del paziente sia avvenuta a prezzo di sofferenze che il paziente avrebbe preferito evitare di tal che tale scelta da parte del medico sia stata effettuata senza il consenso del paziente[16].
Vi può anche essere il caso del paziente temporaneamente incapace di intendere e di volere: come si applica il principio del consenso informato qualora tale paziente sia in pericolo di vita? E’ un caso nel quale il rapporto tra il diritto del paziente all’autodeterminazione in materia di cura ed il potere di cura del medico si risolve a favore di quest’ultimo per la semplice ragione dell’impossibilità di disporre del consenso del paziente. Anche l’urgenza dovuta al pericolo di vita del paziente – che impone di somministrare le cure necessarie – impedisce di potersi avvalere della rappresentanza legale che si potrebbe invece applicare al minore ed all’interdetto. In questa circostanza, la giurisprudenza ha sempre ritenuto applicabile l’esimente dello stato di necessità tale da giustificare l’azione del medico curante poiché non essendovi spazio al consenso del paziente viene ad espandersi nella propria rilevanza il potere di cura del medico da esercitarsi secondo i canoni della diligenza professionale necessaria al caso concreto.
NOTE
[1] Art. 2 Cost. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 13 Cost. La libertà personale è inviolabile; art. 32 Cost. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
[2] Art. 5 C.c.. Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. Art. 1337 C.c. Le parti nello svolgimento delle trattative e del contratto devono comportarsi secondo buona fede.
[3] Art. 51 C.p. L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità esclude la punibilità. Art. 54 C.p. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
[4] Di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e della medicina: Convenzione di Oviedo del 4 Aprile 1997 e Protocollo addizionale del 12 Gennaio 1998 n. 168 sul divieto di clonazione degli esseri umani.
[5] Art. 1 Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono volontari.
[6] Art. 33 Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari. Nei casi di cui alla presente legge ed in quelli previsti espressamente da leggi dello Stato possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, secondo l’art. 32 Cost., nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
[7] Art. 5. Nessuno può essere sottoposto, senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare l’infezione dea HIV se non per motivi di necessità clinica nel suo interesse. Sono consentite analisi di accertamento da infezione da HIV nell’ambito di programmi epidemiologici, soltanto quando i campioni da analizzare sono stati resi anonimi, con assoluta impossibilità di pervenire all’identificazione delle persone interessate..
[8] Art. 4 In aggiunta a tutte le altre prescrizioni previste dal presente decreto, la sperimentazione clinica sui minori puo' essere intrapresa soltanto se esistono le seguenti condizioni:
a) sia stato ottenuto il consenso informato dei genitori o dell'altro genitore in mancanza di uno di essi o del rappresentante legale nel rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia; il consenso deve comunque rispecchiare la volonta' del minore e deve poter essere ritirato in qualsiasi momento senza che cio' comprometta il proseguimento dell'assistenza necessaria;
b) il minore abbia ricevuto, da personale esperto nel trattare con minori, informazioni commisurate alla sua capacita' di comprensione sulla sperimentazione, i rischi e i benefici;
c) lo sperimentatore o lo sperimentatore principale tenga in considerazione la volonta' esplicita del minore di rifiutare la partecipazione alla sperimentazione o di ritirarsene in qualsiasi
momento, se il minore stesso e' capace di formarsi un'opinione propria e di valutare le informazioni di cui alla lettera b);
d) il gruppo di pazienti tragga dalla sperimentazione clinica qualche beneficio diretto e solo se la ricerca e' essenziale per convalidare dati ottenuti in sperimentazioni cliniche su persone in grado di dare il loro consenso informato o ottenuti con altri metodi di ricerca; inoltre, la ricerca deve riguardare direttamente uno stato clinico di cui soffre il minore o essere di natura tale da poter essere intrapresa solo su minori;
e) siano state seguite e linee guida scientifiche pertinenti, adottate dall'Agenzia europea di valutazione dei medicinali (EMEA);
f) le sperimentazioni cliniche siano state concepite in modo da ridurre al minimo il dolore, il disagio, la paura e ogni altro rischio prevedibile, in relazione alla malattia e allo stadio di sviluppo del minore; la soglia del rischio ed il grado di malessere devono essere definiti specificamente e continuamente monitorati;
g) il protocollo sia stato approvato da un comitato etico con competenza anche pediatrica o che si sia preventivamente avvalso di una consulenza in merito alle questioni cliniche, etiche e psicosociali in ambito pediatrico;
h) l'interesse del paziente prevalga sempre sugli interessi della scienza e della societa'.
[9] Art. 33 Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate.
Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l’adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche.
Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza.
La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata.
Art. 35 Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente.
Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione documentata della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 33.
Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso.
In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona.
Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente.
[10] Si eccettuano i casi in cui il paziente non sia in grado per le sue stesse condizioni di prestare un qualsiasi consenso o dissenso, di tal che il dovere di intervenire deriva dagli artt. 593 comma 2° e 328 del Codice Penale; nonché nel caso in cui sussistano le condizioni di cui all’art. 54 del Codice Penale.
[11] Cass. Civ. Sez. III 25 novembre 1994 n. 10014 – Cass, Civ. Sez. III 15 Gennaio 1997 n. 364
[12] Cass. Civ. Sez. III 30 Luglio 2004 n. 14638
[13] Cass. CIV. Sez. III 8 Ottobre 2008 n. 24791.
[14] Secondo Cass. Sez. Un. 11 Novembre 200 n. 26973 la violazione dell’obbligo di informazione del paziente deve essere collegata causalmente al peggioramento della salute del paziente, di tal che il peggioramento della salute del paziente risulti essere la conseguenza del trattamento eseguito, in assenza di consenso informato.
[15] Cass. nn. 23676/2008 e 4211/2007).
[16] Cass. n. 238466/2008.