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L'accoglimento dell'istanza di sanatoria deve perfezionarsi con un provvedimento espresso?

Il procedimento di istanza di sanatoria, in caso di accoglimento deve concludersi con un provvedimento espresso. Un’eventuale e successiva adozione dell’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi, in pendenza del procedimento di sanatoria, è del tutto illegittima. Vi è contraddittorietà nell’esercizio dell’azione amministrativa – configurabile nella figura sintomatica dell’eccesso di potere per contraddittorietà tra diversi provvedimenti adottati dall’Amministrazione comunale procedente nella medesima vicenda – qualora l’Amministrazione Comunale attraverso i competenti uffici dapprima accolga un’istanza di SCIA in sanatoria e, secondariamente emetta un’ordinanza di riduzione di in pristino dello stato dei luoghi.


Sul punto occorre delineare e ricostruire il corretto iter procedendi che l’Amministrazione Comunale dovrebbe seguire. In una vicenda nella quale è stata la stessa Amministrazione Comunale, per il tramite dei competenti uffici, ad individuare non solo verbalmente ma per iscritto, nell’istanza di SCIA in sanatoria lo strumento idoneo a definire una situazione di parziale irregolarità urbanistica di un immobile, la successiva ordinanza di riduzione in pristino dello stato dei luoghi si presente viziata da indubbi profili di illegittimità. E ciò per una serie di elementi il cui concretarsi ha evidenziato una serie di vizi procedimentali in cui è incorsa l’Amministrazione procedente. Depositata l’istanza di SCIA in sanatoria sulla cui fattibilità erano stati i medesimi uffici comunali a manifestare un’apertura sostanziale, l’istanza veniva sottoposta ad istruttoria con la successiva richiesta di presentazione da parte dell’utente di una serie di integrazioni documentali, integrazione puntualmente depositate.


All’esito di tale attività integrativa, gli uffici comunali chiedevano il pagamento degli oneri sanzionatori connessi all’istanza di sanatoria - oneri puntualmente versati – con ciò legittimando nell’istante l’affidamento sull’avvenuto accoglimento dell’istanza; tuttavia, ad un anno e mezzo di distanza, il Comune notificaca ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi. E’ del tutto evidente come l’ordinanza demolitoria appaia in palese contraddizione rispetto al precedente comportamento assunto dall’Amministrazione procedente neri confronti della ricorrente. Tale contraddittorietà nello sviluppo  dell’azione amministrativa interseca anche evidenti vizi del procedimento istruttorio che avrebbe dovuto svilupparsi alternativamente:

a)    nel caso di determinazione dell’Amministrazione a rigettare l’istanza di SCIA in sanatoria nell’adozione di un preavviso di rigetto dell’istanza ex art. 10 bis della legge 7 Agosto 1990 n. 241 propedeutico all’adozione del provvedimento conclusivo di rigetto;

b)   nel caso di determinazione dell’Amministrazione ad accogliere l’istanza di SCIA in sanatoria, nell’adozione di un provvedimento favorevole recante la determinazione degli oneri sanzionatori che l’istante avrebbe dovuto corrispondere.


A ben osservare, nulla di quanto sopra è avvenuto. Infatti, un consolidato orientamento della giurisprudenza afferma che “Non può ravvisarsi nella fattispecie di sanatoria di cui all’art. 37 D.P.R. n. 380 del 2001 un’ipotesi di silenzio significativo in termini di accoglimento, dal momento che non solo l’art. 37 non prevede esplicitamente un’ipotesi di silenzio significativo ma al contrario stabilisce che il procedimento si chiuda con un provvedimento espresso, con applicazione e quantificazione della sanzione pecuniaria a cura del responsabile del procedimento. Dalla lettura della norma emerge che la definizione della procedura di sanatoria non può prescindere dall’intervento del responsabile del procedimento competente a determinare, in caso di esito favorevole, il quantum della somma dovuta sulla base della valutazione dell’aumento di valore dell’immobile compiuta dall’Agenzia del Territorio” [Così tra gli altri T.A.R. Lazio n. 3851/2020 – T.A.R. Campania, Salerno Sez. II 23.08.2019 n. 1480 – T.A.R. Campania Napoli Sez. III 23.05.2019 n. 2755].


Da ciò avrebbe dovuto conseguire per l’Amministrazione procedente l’emissione di un formale provvedimento di accoglimento dell’istanza determinando gli oneri sanzionatori che la ricorrente avrebbe dovuto corrispondere; benché tale formale provvedimento non sia stato emesso, circostanza che indubbiamente integra un evidente vizio nel procedimento della pratica di concessione in sanatoria, gli oneri sanzionatori sono comunque stati quantificati alla richiedente che ha provveduto ad effettuare il relativo pagamento. Né, del resto, l’istante avrebbe potuto pagare del tutto arbitrariamente tali oneri se gli stessi non le fossero stati chiesti – sebbene non nel contesto di un provvedimento emesso a definizione della procedura – bensì verbatim dal responsabile del procedimento che invitava alla relativa corresponsione. La necessità di concludere il procedimento di istanza di sanatoria presentato mediante SCIA con un provvedimento espresso – requisito che appare oltremodo incontestabile anche alla luce della richiesta di esborso degli oneri sanzionatori – sottolinea nel caso di specie l’evidente contraddittorietà dell’azione amministrativa del Comune procedente il quale, senza attendere la definizione del procedimento di SCIA in sanatoria dal momento che non era stato ancora emesso alcun provvedimento espresso di accoglimento - seppur nell’anomalo modus procedendi di una richiesta di pagamento degli oneri sanzionatori che faceva chiaramente intendere l’intenzione della Pubblica Amministrazione procedente di accogliere la domanda – emetteva ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi e di conseguente demolizione di parte del manufatto.


Conclusivamente sul punto, la necessarietà di un provvedimento definitorio del procedimento di sanatoria – che formalizzasse la richiesta di pagamento degli oneri sanzionatori avanzata solo verbalmente ed in ogni caso evasa positivamente dalla ricorrente – porta a ritenere che il procedimento di sanatoria fosse in ogni caso pendente tal che il Comune si sarebbe dovuto astenere dall’esercizio del potere sanzionatorio concretato nell’emissione dell’ordinanza di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, rinviando così ogni determinazione all’esito del procedimento di sanatoria, peraltro da concludersi mediante l’adozione di un provvedimento espresso e motivato, non essendo applicabile lo strumento del silenzio-diniego  [T.A.R. Lazio 3851/2020 – T.A.R. Campania Sez. III 03.10.2028 n. 5779].



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