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La Corte di Cassazione Sez. VI, con la sentenza del 07.11.2012 n. 19264 ha definitivamente chiarito che in tema di opposizione all’esecuzione ex art. 616 C.p.c. conseguente all’istaurazione di un giudizio di merito, l’opposizione stessa si introduce, nel termine perentorio indicato dal giudice delle esecuzioni, con atto di citazione e non con ricorso.

Questa tipica situazione può verificarsi all’esaurimento della fase sommaria ex art. 615 C.p.c., ad esempio allorchè il ricorrente ha chiesto tra l’altro anche una declaratoria di sospensiva degli effetti dell’atto impugnato, nelle more della proposta impugnazione. In queste circostanze, quando il giudice dell’esecuzione si pronuncia sulla domanda di sospensiva, fissa al ricorrente un termine perentorio entro il quale il ricorrente dovrà radicare il giudizio di merito di opposizione all’esecuzione.

Ebbene, in tali circostanze, se la causa è soggetta al rito ordinario, l’introduzione del giudizio di merito fissato nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione dovrà avvenire con la forma dell’atto introduttivo richiesta in riferimento al rito con cui l’opposizione deve essere trattata nella fase di cognizione piena.

Ne consegue che, se la causa è soggetta al rito ordinario, il giudizio di merito dovrà essere introdotto con citazione da notificare alla controparte entro il termine perentorio fissato dal giudice, mentre l'eventuale concessione di un ulteriore termine per tale notifica o una nuova citazione ad iniziativa spontanea della parte sono ammissibili solo a condizione che, in relazione all'udienza di comparizione indicata dal giudice o indicata nel nuovo atto di citazione, venga rispettato il termine perentorio a suo tempo fissato dal giudice dell'esecuzione.

La suindicata pronuncia della Cassazione ha dunque ribadito che, all’esito dell’esaurimento della fase sommaria, il giudizio a cognizione piena deve essere introdotto con l’atto di citazione.

Quid iuris con riferimento all’articolo 618 C..c. comma 2? Anche in questo caso il principio si applica a tale fattispecie poiché, sebbene la norma non faccia riferimento all’introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, tuttavia si richiama il rispetto dei termini a comparire di cui all’art. 163 bis cpc o altri se previsti ridotti alla metà, con la conseguenza che la fase di merito dei giudizi di opposizione agli atti va introdotta con atto di citazione e non con ricorso, non rilevando che l’art. 617 comma 2 cpc faccia riferimento al ricorso quale forma per l’introduzione dell’opposizione agli atti esecutivi, essendo relativo alla fase sommaria del giudizio, e che l’art. 618 comma 2 cpc, così come l’art. 616 cpc, parli della “previa iscrizione al ruolo a cura della parte interessata”.

Entrando nel merito della pronuncia della Cassazione, preme evidenziare come la vicenda sia stata portata davanti alla Suprema Corte a seguito dell’impugnativa proposta dal debitore esecutato avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla debitrice esecutata sulla scorta del fatto che, per il Tribunale, il mancato rispetto da parte dell’opponente del termine perentorio di 120 giorni per l’introduzione del giudizio di merito, comportasse l’inammissibilità dell’opposizione. In particolare, l’opponente, pur avendo avuto un termine perentorio entro il quale iniziare il giudizio di merito, notificando l’atto di citazione a controparte, aveva, sempre entro il predetto termine, iscritto a ruolo l’opposizione con ricorso, di tal che il giudice, pur avendo fissato la prima udienza con proprio decreto, aveva poi dichiarato inammissibile il ricorso in quanto notificato alla parte opposta oltre il termine assegnato dal giudice dell’esecuzione.

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di ricorso proposto dalla debitrice esecutata che asseriva la violazione e falsa applicazione ed interpretazione di legge in relazione agli artt. 616, 617, 618, nonchè vizio di motivazione, per avere il giudicante considerato come necessaria l'introduzione del giudizio di merito con atto di citazione anzichè con ricorso. Secondo la ricorrente, si trattava di un assunto che non avrebbe trovato riscontro concreto nella normativa vigente, dato che, in particolare, l'art. 616 cod. proc. civ. non stabilirebbe espressamente che il giudizio in questione debba essere introdotto con atto di citazione.

Secondo la ricorrente, avendo introdotto il giudizio ex art. 617 cpc, comma 2, con ricorso depositato dinanzi al giudice dell'esecuzione nel termine perentorio da questi fissato, non le sarebbe stato imposto da alcuna norma di introdurre il successivo giudizio di merito con citazione anzichè con ricorso, così come ha fatto, oltre a dover considerare la circostanza per cui il ricorso sarebbe stato proposto tempestivamente.

Secondo la ricorrente il Tribunale avrebbe inoltre errato nell'esame del caso concreto, nell'interpretazione ed applicazione delle norme richiamate, poiché avrebbe dovuto dichiarare immediatamente l'inammissibilità del ricorso e non provvedere, come invece ha fatto, alla fissazione dell'udienza di comparizione ed all'assegnazione del termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza. Una volta, invece, concesso tale termine e rispettato lo stesso da parte dell'opponente, il giudizio si sarebbe regolarmente incardinato.

Per la Suprema Corte il motivo di ricorso appare manifestamente infondato. Essa ha preliminarmente ritenuto di dover richiamare quanto già argomentato da questa Corte nell'ordinanza n.1152/11, della quale va ribadito il seguente principio di diritto:

A norma dell'art. 616 cod. proc. civ. - nel testo sostituito dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14 e sul punto rimasto immutato dopo la modifica operata dalla L. 18 luglio 2009, n. 69 -, l'introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione, all'esito dell'esaurimento della fase sommaria di cui all'art. 615 cpc, comma 2, deve avvenire con la forma dell'atto introduttivo richiesta in riferimento al rito con cui l'opposizione deve essere trattata quanto alla fase di cognizione piena; pertanto, se tale causa è soggetta al rito ordinario, detto giudizio di merito va introdotto con citazione da notificare alla controparte entro il termine perentorio fissato dal giudice, mentre l'eventuale concessione di un ulteriore termine per tale notifica o una nuova citazione ad iniziativa spontanea della parte sono ammissibili solo a condizione che, in relazione all'udienza di comparizione indicata dal giudice o indicata nel nuovo atto di citazione, venga rispettato il termine perentorio a suo tempo fissato dal giudice dell'esecuzione.

Per la Corte, il principio, pur se espresso con riferimento all'art. 616 cod. proc. civ., debba essere ripetuto anche in riferimento all'art. 618 cpc, comma 2, che è la norma applicabile al caso di specie.

Ed anche se l'art. 618 cpc, comma 2, non fa riferimento espresso all'introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, alla stregua di quanto invece detto nell'art. 616 cpc esso tuttavia ribadisce che debbano essere osservati i termini a comparire di cui all'art. 163 bis, o altri se previsti, ridotti della metà: la norma da ultimo richiamata induce a ritenere che anche la fase di merito dei giudizi di opposizione agli atti esecutivi debba essere introdotta con citazione, salvo che non sia previsto un rito speciale, come è per l'art. 618 bis cpc..

Non ha rilevanza il fatto che la forma dell'introduzione dell'opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 617 cpc comma 2 sia quella del ricorso, atteso che essa è relativa alla fase sommaria del giudizio, che è regolata altresì dall'art. 185 disp. att. cpc.

Né per la Corte il fatto che nell'art. 618 cpc., comma 2, così come nell'art. 616 cpc., si faccia riferimento al fato che rispetto all'introduzione del giudizio di merito vi debba essere la previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, tale riferimento non può essere significativo della volontà del legislatore che la fase di merito dell'opposizione inizi con ricorso, trattandosi di riferimento nient'affatto univoco in tale senso.

Dunque, seppur il ricorso sia stato tempestivamente depositato, esso è stato notificato insieme al decreto di fissazione dell’udienza, oltre il termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione di tal che il Tribunale ha ritenuto non rispettato tale termine.

Se, inoltre, i giudizi debbono essere introdotti con citazione, la pendenza è determinata soltanto dalla notificazione di questa e perciò tale notificazione (tenuto conto del suo perfezionamento nei confronti del notificante) va effettuata nel rispetto del termine perentorio assegnato dal giudice dell'esecuzione, facendosi riferimento al solo tempestivo adempimento della notifica, la valutazione se l’opponente abbia adempiuto correttamente al termine assegnato dal giudice dell’esecuzione nella fase sommaria.

Da ultimo la Corte non ha ritenuto che il mancato rispetto del termine da parte dell'opponente sia stato sanato a seguito della concessione, da parte del giudice adito con ricorso, del termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza.

Si è trattato , infatti, di un modus procedendi del tutto conforme al sistema delineato dal legislatore quanto ai rapporti tra fase sommaria e fase di merito e quanto alla definizione di questa con sentenza: il giudice dinanzi al quale è introdotto il giudizio di merito sull'opposizione deve dare corso alla cognizione piena, consentendo l'instaurazione del contraddittorio tra l'opponente e gli opposti, anche qualora ritenga che il giudizio di merito sia inammissibile o improcedibile; deve quindi chiudere il giudizio con sentenza, adottata, come nel caso di specie, all'esito della fase di trattazione, dopo aver invitato le parti a precisare davanti a lui le conclusioni.


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