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Il riconoscimento del danno estetico in conseguenza di inadempimento contrattuale della struttura sa

Il Tribunale di XXX a definizione di una causa civile intrapresa dallo Studio nel 2017, con sentenza del Febbraio 2020, ha riconosciuto il danno estetico procurato al paziente assistito in conseguenza dell’inadempimento contrattuale della struttura sanitaria.


L’intervento estetico al quale il paziente si era sottoposto aveva dato esiti insoddisfacenti procurando al paziente una compromissione sostanziale delle proprie opportunità lavorative in ambito artistico.


La domanda risarcitoria traeva fondamento dal presupposto che l’accettazione del paziente all'interno della struttura clinica – pubblica o privata che fosse - ai fini del ricovero comporta la conclusione di un contratto di prestazione d’opera atipico di spedalità, essendo la struttura sanitaria tenuta ad erogare una prestazione complessa che non si esaurisce nella semplice somministrazione delle cure mediche e chirurgiche, ma si estende anche ad altre prestazioni quali la messa a disposizione del personale medico ausiliario, e di personale paramedico, di medicinali e di tutte le attrezzature tecniche necessarie, nonché in senso lato anche di quelle alberghiere.


Ne consegue che la responsabilità della struttura sanitaria ha natura contrattuale in relazione a propri fatti di inadempimento anche per quanto attiene al comportamento dei medici dipendenti, trovando applicazione la regola prevista dall'art.. 1228 del Codice Civile secondo la quale il debitore che nell'adempimento dell’obbligazione si avvalga dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi e colposi di costoro, ancorchè non siano alle sue dipendenze.


La struttura ospedaliera risponde pertanto di tutte le ingerenze dannose che al dipendente siano rese possibili dalla posizione conferitagli rispetto al terzo danneggiato, ossia dei danni che il dipendente possa arrecare in ragione di quel particolare contatto cui si espone nei suoi confronti il paziente nell'attuazione del rapporto con la struttura sanitaria.


Nella vicenda che in oggetto, il professionista svolgeva la propria professione all'interno della struttura clinica della quale era titolare, di tal che appare evidente come la struttura clinica abbia tratto e tragga profitto dalle prestazioni professionali che all'interno di essa vi svolgeva il professionista.


La responsabilità solidale della clinica e del professionista che ha eseguito l’intervento sussiste in ragione di un ulteriore profilo argomentativo: ove infatti una struttura sanitaria o clinica (pubblica o privata) autorizzi un chirurgo od un medico ad operare al proprio interno - omettendo per un momento di considerare come nel caso di specie vi fosse uno stretto rapporto di interconnessione tra il professionista e la struttura della quale il medesimo era il titolare – mettendogli a disposizione le sue attrezzature e la sua organizzazione, e cooperando con esso, concludendo con il paziente il contratto per la degenza e le prestazioni accessorie, emerge come tale struttura venga ad assumere contrattualmente rispetto al paziente la posizione e le responsabilità tipiche dell’impresa erogatrice del complesso delle prestazioni sanitarie, ivi inclusa l’attività del chirurgo.


La vicenda, nella propria trattazione giudiziale, ha affrontato anche alcune problematiche relative al consenso informato ed alla natura dell’obbligazione. Infatti l’intervento estetico richiesto dal paziente veniva eseguito dopo aver praticato al paziente una preanestesia; solo in quel momento al paziente venivano sottoposti, per la relativa sottoscrizione, i moduli del consenso informato in un contesto nel quale il paziente non era oggettivamente nelle condizioni di comprendere quanto gli veniva fatto sottoscrivere in ragione della sedazione già somministrata.


Nello specifico preme svolgere una considerazione rispetto alla natura del consenso informato sottoposto alla firma del paziente dal momento che la modulistica in oggetto affermava l’assenza di qualsiasi garanzia di risultato del trattamento medico eseguito sul paziente.


All'uopo va detto che sul sito internet della struttura clinica era descritto l’intervento estetico assicurando che la tecnica procedimentale applicata avrebbe permesso un rapido ritorno del paziente alla socialità in un contesto di soddisfacente normalizzazione delle proprie condizioni estetiche tale da escludere un esito estetico negativo dell’intervento effettuato.


Quanto pubblicizzato, rendeva evidente pertanto i successi ed i vantaggi di una metodologia di intervento che avrebbe reso evidenti al paziente gli effetti di un risultato positivo pressochè certo ed esaustivo delle aspettative nutrite.


E’ sintomatico di quanto affermato, la stessa garanzia che struttura clinica abbia espresso certezza rispetto al reinserimento del paziente in breve tempo nella vita sociale, proprio in ragione dei risultati del trattamento praticato; addirittura, per incentivare il paziente alla sottoposizione al trattamento sulla base della tecnica praticata, veniva effettuata una comparazione con altre tecniche che non avrebbero garantito il risultato auspicato.


In questo contesto non si può non sottacere - anche in ragione dell’accentuata positività con la quale la struttura clinica promuoveva e promuove sul proprio sito internet la tecnica di intervento applicata – la natura tipicamente di risultato dell’obbligazione di chirurgia estetica che ci occupa. 


La posizione della giurisprudenza, che tradizionalmente riconnetteva la prestazione medica alle c.d. obbligazioni di mezzi, si è recentemente evoluta, mostrando i primi segni di apertura verso le obbligazioni di risultato. La giurisprudenza di merito e quella di legittimità hanno riconosciuto, in alcune particolari ipotesi dell’attività medica, l’obbligo di raggiungere il risultato atteso dal paziente. In tali casi, l’obbligazione è da intendersi di risultato, non solo in relazione agli obiettivi intermedi e strumentali, ma anche con riguardo all'esito finale. nei trattamenti di chirurgia estetica, con riferimento al trapianto di capelli, alle cure odontoiatriche ed agli interventi di sterilizzazione per la giurisprudenza l’interesse dedotto nel contratto è il conseguimento di un certo risultato utile, e non soltanto l’interesse ad una mera prestazione diligente o tanto meno a non subire danni ingiusti.


Non si tratta allora di estendere la responsabilità del medico allo scopo ambiguamente equitativo di garantire la salvaguardia del paziente, quanto di prendere atto di un’obiettiva evoluzione delle attività medico – sanitarie e degli interessi che vengono consapevolmente sottesi al rapporto di cura.


In altri termini, limitarsi al profilo della responsabilità extracontrattuale significherebbe farsi sfuggire il dato più emblematico e caratterizzante, id est il modo in cui oggi realmente si atteggia il rapporto medico – paziente.


A tal proposito, sul piano pratico, quello che se ne trae è la considerazione che il margine di difesa del prestatore d’opera professionale, proprio in attività mediche che prendono le mosse più che da un dato patologico in senso stretto dall'esigenza meramente facoltativa di migliorare il proprio aspetto estetico ovvero di realizzare delle aspettative a livello personale, limitate da caratteristiche fisiologiche del proprio corpo, si è sensibilmente assottigliato negli ultimi anni.

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