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Il licenziamento collettivo

Il licenziamento collettivo è disciplinato dall’art. 4 della legge n 223/1991: la norma prevede che l’impresa ammessa al trattamento straordinario di cassa integrazione salariale e non in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di poter ricorrere a misure alternative, possa avviare la procedura di licenziamento collettivo.


Le disposizioni dell’art. 4 della legge n. 223/1991: a) si applicano alle imprese che occupino più di 15 dipendenti, compresi i dirigenti, e che in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività di lavoro, intendano effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia; b) non si applicano al recesso intimato da datori di lavoro non imprenditori che svolgano, senza fini di lucro, attività di natura politica, sindacale culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto. Le disposizioni si applicano anche quando le imprese o i privati datori di lavoro non imprenditori intendano cessare l’attività.


Il trattamento straordinario di cassa integrazione salariale (CIG) si applica alle imprese che nel semestre precedente la data di presentazione della domanda abbiano occupato mediamente più di 15 dipendenti, compresi gli apprendisti ed i dirigenti; ed in particolare: a) alle imprese industriali, comprese quelle edili ed affini; b) alle imprese artigiane che procedano alla sospensione dei lavoratori in conseguenza di sospensioni o riduzioni dell’attività di impresa; c) alle imprese appaltatrici di mensa o ristorazione; d) alle imprese appaltatrici di servizi di pulizia anche se costituite in forma di cooperativa; d) alle imprese ausiliarie del servizio ferroviario e del comparto della produzione e manutenzione del materiale rotabile; e) alle imprese cooperative di trasformazione di prodotti agricoli e loro consorzi; f) alle imprese di vigilanza; h) alle imprese esercenti attività commerciali, comprese quelle della logistica; i) alle imprese di viaggio e turismo; l) a prescindere dal numero di dipendenti alle imprese del trasporto aereo  di gestione aeroportuale; m) ai partiti e movimenti politici e loro sezioni ed articolazioni territoriali.


Ai fini del computo dei 15 dipendenti come limite dimensionale per l’applicazione della norma sono esclusi: a) gli apprendisti; b) i lavoratori in somministrazione. Per i lavoratori con contratto a termine si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato – compresi i dirigenti – impiegati negli ultimi 2 anni; i lavoratori a part-time vengono computati in ragione dell’orario di lavoro effettivamente svolto mentre i lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente sono computati in proporzione all’orario di lavoro svolto in ciascun semestre.


I requisiti causali del licenziamento collettivo sono individuati in una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, normalmente determinata secondo una scelta di opportunità che rientra nell’insindacabile valutazione del datore di lavoro, da una diminuzione nella richiesta di beni e servizi offerti sul mercato, da una situazione di crisi o da una modifica dell’organizzazione produttiva con la conseguente soppressione di uffici, reparti od anche contrazione di forza lavoro[1].


Le imprese che intendano esercitare tale facoltà sono tenute a darne comunicazione preventiva alle RSA ed alle associazioni di categoria, avendo cura di precisare i motivi che determinino la situazione di eccedenza, i motivi tecnici, organizzativi e produttivi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee ad evitare il licenziamento collettivo, le eventuali misure programmate per fronteggiare sul piano sociale le conseguenze derivanti dall’attuazione del programma di licenziamenti.


Alla comunicazione deve inoltre essere allegata una copia della ricevuta di avvenuto versamento all’INPS di una somma pari al trattamento mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero di lavoratori ritenuti eccedenti.


Entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione a richiesta delle RSA si procede ad un esame congiunto tra le parti allo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e le possibilità di diverso impiego del personale, o di una sua parte, nell’ambito della stessa impresa o mediante contratti di solidarietà. La procedura deve essere esaurita entro 45 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione dell’impresa. Le più recenti pronunce della giurisprudenza in tema di procedura di licenziamento collettivo riguardano la decorrenza del termine di 7 giorni per la comunicazione dell’elenco dei lavoratori licenziati prevista nel momento dell’intimazione del primo dei licenziamenti effettuati nell’ambito della procedura[2] e il dies a quo dal quale calcolare i previsti 7 giorni per la comunicazione alle organizzazioni sindacali che si calcola dal giorno in cui è stato comunicato l’ultimo licenziamento[3].


I criteri di scelta per l’individuazione dei lavoratori da sottoporre a licenziamento collettivo possono essere legali e negoziali; i criteri legali sono disciplinati dall’art. 5 della legge 223/1991 che li individua, singolarmente od in concorso tra loro: a) carichi di famiglia; b) anzianità; c) esigenze tecnico-produttive ed organizzative.


I criteri negoziali hanno fondamento diretto in accordi sindacali tra datori di lavoro ed organizzazioni  sindacali e, generalmente, prevedono la possibilità di accedere al prepensionamento per tutti i dipendenti dell’impresa a prescindere dal settore al quale gli stessi siano assegnati[4].


La sufficienza ed adeguatezza dei contenuti della comunicazione preventiva, ai fini della necessità di procedere a licenziamenti collettivi, deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione di personale che restano sottratti al controllo giurisdizionale. Un primo orientamento[5] afferma che l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, senza che occorra l’indicazione degli uffici o reparti con eccedenza. Un secondo orientamento[6] afferma che se il progetto imprenditoriale è finalizzato a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato in azienda, senza che occorra l’indicazione degli uffici o reparti con eccedenze.


La non corrispondenza della comunicazione ex art. 4 legge 223/1991 al modello legale dà luogo alla tutela indennitaria quantificabile tra 12 e 24 mensilità, previa dichiarazione di risoluzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento.; viceversa la violazione dei criteri di scelta dà luogo all’annullamento del licenziamento con condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al pagamento di un’indennità risarcitoria in misura non superiore alle dodici mensilità.



[1] Cass. 19 Aprile 2003 n. 6385.

[2] C. App. Venezia 29 Giugno 2016 n. 333

[3] Trib. Milano 10 Novembre 2017

[4] La determinazione negoziale dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare deve, secondo la Corte di Cassazione 11 Novembre 2016 n. 23100, rispettare il principio di non discriminazione e di razionalità, alla stregua del quale i criteri concordati devono avere i caratteri dell’obiettività e della generalità ed essere coerenti con il fine dell’istituto della mobilità dei lavoratori.

[5] Cass. 21 Maggio 2018 n. 12446

[6] Cass. 5 Febbraio 2018 n. 2694


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