Depenalizzazione: le principali novità
Sono entrati in vigore lo scorso 6 febbraio i decreti legislativi n. 7 e n. 8 del 2016 che, dando attuazione alla legge delega n. 67/2014 hanno introdotto la depenalizzazione di numerose fattispecie di reato.
L a l e g g e - d e l e g a
La legge n. 67/2014 delegava il governo a depenalizzare sia trasformando in illeciti amministrativi numerosi reati ritenuti non più meritevoli di sanzione penale ma solo di sanzione civilistica, sia abrogando alcune fattispecie penali rispetto alle quali non è stato introdotto nemmeno l’illecito amministrativo corrispondente.
La legge delega interveniva demandando al legislatore delegato:
1) la trasformazione in illeciti amministrativi, mediante l’individuazione del relativo regime sanzionatorio e dell’autorità amministrativa competente ad irrogare le sanzioni:
dei reati per i quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda e delle contravvenzioni punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ad eccezione di alcune materie di particolare rilevanza del bene giuridico protetto (urbanistica- edilizia, ambiente, territorio e paesaggio, alimenti e bevande, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sicurezza pubblica, giochi d’azzardo e scommesse, armi ed esplosivi),
di altri reati quali gli atti osceni (art. 527 C.p. comma1), la pubblicazione e spettacoli osceni (art. 528 C.p. commi 1 e 2), il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 C.p.), gli atti contrari alla pubblica decenza (art. 726 C.p.);
di altri reati previsti da leggi speciali quali l’omesso versamento da parte del datore di lavoro delle ritenute previdenziali e assistenziali entro i 10 mila euro annui (legge 11 novembre 1983 n. 638);
del reato di clandestinità (legge 15 luglio 2009 n. 94)
2) la completa abrogazione senza trasformazione in illeciti amministrativi corrispondenti, ma prevendendo l’applicazione di sanzioni pecuniarie civili adeguate:
a) di reati quali l’ingiuria (art. 594 C.p.), l’invasione di terreni e di edifici (art. 633 comma 1 C.p.) il danneggiamento semplice (art. 635 comma 1 C.p.).
Il Decreto Legislativo n. 7 del 15 gennaio 2016, ha dato attuazione alla legge delega introducendo disposizioni in materia di abrogazione di reati e di introduzione di illeciti con sanzione pecuniaria civile.
Il Decreto Legislativo n. 8 del 15 gennaio 2016 ha trasformato gli illeciti penali in illeciti amministrativi , introducendo disposizioni in materia di depenalizzazione.
Q u a l i c o n s e g u e n z e
Almeno di primo acchito, l’impatto dell’intervento del legislatore delegato si presenta imponente rispetto ad un ordinamento giuridico nel quale è tuttora vigente il principio di obbligatorietà dell’azione penale che consente a chiunque ritenga leso un proprio bene giuridico protetto dalla norma penale di poter attivare il potere punitivo da parte dello Stato mediante la presentazione di una semplice denuncia, e dunque senza alcun costo immediato potendo, nel caso di eventuale assunzione positiva delle determinazioni inerenti l’esercizio dell’azione penale, decidere successivamente se costituirsi quale parte civile nel processo penale così instaurato al fine di conseguire il risarcimento dei danni in caso di condanna del presunto autore del reato.
Non sfugge come, tale sistema, di fatto ha dato luogo, stante l’immanenza del principio di obbligatorietà dell’azione penale, all’avvio di indagini di polizia giudiziaria per lo svolgimento di un controllo di legalità rispetto a fattispecie di reato che tuttavia presentano spesso un livello di allarme sociale assai ridotto.
Si deve tuttavia incidentalmente sottolineare come - proprio in ragione della spesso limitata disponibilità delle risorse investigative e quindi anche dell’evidente differenza di allarme sociale esistente rispetto alle molteplici fattispecie di reato portate all’attenzione dell’autorità giudiziaria - di fatto l’attività investigativa delle Procure si sia concentrata su alcune piuttosto che su altre ipotesi di reato (si pensi al fatto che per molti reati non vengano nemmeno avviate le relative indagini) con ciò svuotando di fatto il principio di obbligatorietà dell’azione penale seppure sancito nella nostra Costituzione.
Ora con i Decreti Legislativi di depenalizzazione, diverse fattispecie di reato non costituiscono più norme incriminatrici, con la conseguenza che saranno da un lato il giudice civile a doversi fare carico del contenzioso di natura risarcitoria che prenderà avvio e, dall’altro l’autorità amministrativa a dare corso ai relativi procedimenti finalizzati all’irrogazione delle sanzioni amministrative corrispondenti.
Quindi se la c.d. “depenalizzazione” potrebbe apparire funzionale all’esigenza di ridurre il carico di lavoro dei Tribunali penali, dall’altro non può sfuggire il fatto che le ricadute derivanti dalla depenalizzazione verrebbero a riverberarsi sia sulla giurisdizione civile in conseguenza delle cause risarcitorie promosse sia sull’autorità amministrativa per effetti dei conseguenti procedimenti che quest’ultima sarà chiamata ad avviare per la comminazione delle relative sanzioni.
Senza sottacere, peraltro, il fatto che anche l’accesso alla giurisdizione civile è diventato nel corso degli ultimi anni assai costoso, per effetto del continuo e progressivo incremento degli oneri immediati di avvio delle controversie civili, oneri la cui entità rischia di correlare la fruizione del servizio/giustizia ad una disponibilità economica adeguata, con l’evidente rischio di privare di adeguata tutela risarcitoria coloro che, pur non rientrando magari nei parametri di accesso al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato, non siano comunque nelle condizioni di potersi permettere l’esborso di spese significative per l’avvio delle relative cause civili.
L’avvio di una causa civile avente natura risarcitoria e la conseguente irrogazione da parte del giudice civile che riconosca il diritto al risarcimento del danno, della sanzione pecuniaria prevista dalla legge per quel fatto, implicano inoltre l’esistenza di una sorta di “concorrenzialità” tra il credito risarcitorio riconosciuto dal giudice civile al danneggiato e l’obbligo per il danneggiante di versare all’autorità amministrativa una talora rilevante somma a titolo di sanzione pecuniaria: in quale misura potrà essere soddisfatta la pretesa risarcitoria riconosciuta al danneggiato, in presenza di un onere del danneggiante di versare allo Stato anche gli importi delle sanzioni pecuniarie.
I criteri della depenalizzazione
Con il D. lgs. n. 8/2016 il legislatore ha dato attuazione alla legge delega in tema di depenalizzazione, omettendo di elencare le fattispecie penali trasformate in illecito amministrativo ma, introducendo una clausola generale per effetto della quale vengono depenalizzate e trasformate in illeciti amministrativi tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda.
Sono quindi state così definite le nuove sanzioni amministrative pecuniarie:
da euro 5.000,00 ad euro 10.000,00 per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo ad euro 5.000,00;
da euro 5.000,00 ad euro 30.000,00 per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo ad euro 20.000,00;
da euro 10.000,00 ad euro 50.000,00 per i reati puniti con la multa o l’ammenda superiore nel massimo ad euro 20.000,00.
Quid iuris per le ipotesi aggravate dei reati depenalizzati? Esse vengono a costituire fattispecie autonome di reato; tipico caso quello della guida senza patente che, nell’ipotesi semplice diventa illecito amministrativo punito con la sola pena dell’ammenda ma la cui recidiva nel biennio continua ad avere rilevanza penale e viene ora a costituire autonoma ipotesi di reato.
Non per tutte le fattispecie previste dalla legge delega si è dato luogo alla depenalizzazione; ciò non è accaduto ad esempio:
per il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, probabilmente sula base di un apprezzamento del bene giuridico tutelato dalla norma;
per il reato di immigrazione clandestina.
Per altri reati già previsti, invece, in una serie di leggi speciali, il legislatore delegante ne aveva escluso la depenalizzazione, sebbene si trattasse di fattispecie punite con la sola pena della multa o dell’ammenda, in ragione della particolare rilevanza del bene giuridico protetto dalla norma. Si annoverano in questo contesto le violazioni relative alle seguenti materie: urbanistica ed edilizia, ambiente e territorio, alimenti e bevande, salute e sicurezza dei luoghi di lavoro, sicurezza pubblica, giochi d’azzardo e scommesse, armi ed esplosivi, elezioni e finanziamento dei partiti, proprietà intellettuale e industriale.
Altra strada è stata individuata per quanto concerne i reati puniti con la pena detentiva sola ,congiunta o alternativa mediante la sostituzione della sanzione penale con la sanzione amministrativa pecuniaria. Si annoverano a tale gruppo i reati previsti:
dall’art. 11 della legge 8 gennaio 10931 n. 234 in materia di impianto e di uso di apparecchi radioelettrici privati e di rilascio delle licenze di costruzione, vendita e montaggio di materiali radioelettrici;
dall’art. 171 quater della legge 22 aprile 1941 n. 633 che punisce il noleggio abusivo e la fissazione su supporto audio e video di prestazioni artistiche;
dall’art. 3 del D. lgs. luogotenenziale 10 agosto 1945 n. 506 in tema di mancata denuncia dei beni confiscati agli ebrei;
dall’art. 15, comma 2 della legge 28 novembre 1965n. 1329 in tema di mancato ripristino del contrassegno alterato, cancellato o reso irriconoscibile da altri su macchinari utensili;
dall’art. 16 comma 4 del decreto-legge 26 ottobre 1970 n. 745, in tema di installazione abusiva di distributori di carburante per autotrazione;
dall’art. 2 comma 1 bis del decreto-legge 12 settembre 1983 n. 463 convertito nella legge n. 638/1983 che punisce l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle contributi previdenziali da parte del datore di lavoro, ai dipendenti, purchè l’omesso versamento non superi il limite massimo di euro 10.000,00[1];
dall’art. 28 comma 2 DPR 9 ottobre 1990 n. 309 che sanziona l’inosservanza delle prescrizioni dettate in materia di autorizzazione alla coltivazione di piante da stupefacenti, prevedendo l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000,00 ad euro 30.000,00[2].
Il procedimento amministrativo sanzionatorio
Il D.lgs. n. 8 del 2016 disciplina infine gli aspetti legai al procedimento amministrativo, all’individuazione dell’autorità competente ad irrogare le sanzioni.
La procedura: si richiama la disciplina contenuta nella legge 24 Novembre 1981 n. 689, salva la deroga per quanto riguarda l’ammissione al pagamento in misura ridotta nel caso di reiterazione specifica delle violazioni depenalizzate di cui all’art. 668 C.p. e 17 quater dalla legge n. 633del 22 Aprile 1941;
la recidiva: si chiarisce che per recidiva debba intendersi “la reiterazione dell’illecito depenalizzato” con riferimento alle fattispecie di reati trasformati in illeciti amministrativi che, prevedendo ipotesi aggravate fondate sulla recidiva, sono escluse dalla depenalizzazione;
la disciplina transitoria: per le violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo si applicano, in ossequio al principio del favor rei, le disposizioni in materia di depenalizzazione, applicando la sanzione amministrativa all’uopo prevista, a condizione che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o decreto divenuti irrevocabili;
la pendenza in fase di indagini preliminari: se non è stata ancora esercitata l’azione penale, il Pubblico Ministero entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo, trasmette gli atti all’autorità amministrativa competente, senza passaggio al Giudice per le Indagini Preliminari; nel caso in cui il reato risulti estinto per altra causa il Pubblico Ministero dovrà formulare la richiesta di archiviazione senza trasmissione degli atti all’autorità amministrativa,
la pendenza in giudizio: se è stata esercitata l’azione penale ed il procedimento è pendente davanti al giudice di primo grado, il giudice pronuncia ai sensi dell’art. 129 C.p.p. sentenza inappellabile perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, disponendo la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa per l’irrogazione della relativa sanzione;
la pendenza dell’impugnazione: qualora penda l’impugnazione della sentenza di condanna pronunciata in primo grado, il giudice appello o la Cassazione devono dichiarare che il fatto non è previsto dalla legge come reato e devono decidere l’impugnazione ai soli effetti dei capi della sentenza che riguardano gli interessi civili, disponendo la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa competente salvo che il reato risulti estinto o prescritto per altra causa;
la fase esecutiva: nel caso di procedimento penale per un reato successivamente depenalizzato e definito con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili, il giudice dell’esecuzione dovrà revocare la sentenza o il decreto dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e trasmettendo gli atti all’autorità amministrativa competente, salvo che il fatto risulti ormai prescritto o estinto per altra causa, precludendo così l’applicazione del trattamento sanzionatorio amministrativo; è da escludere tuttavia che il giudice dell’esecuzione possa revocare le statuizioni civili in quanto la natura di illecito civile del fatto stesso non viene comunque meno;
il procedimento amministrativo: l’autorità amministrativa che ha ricevuto gli atti deve notificare all’interessato gli estremi della violazione entro un termine tassativo entro 90 o 360 giorni a seconda che l’interessato risieda o meno nel territorio dello Stato; entro i successivi 60 giorni dall’intervenuta notificazione, l’interessato può chiedere di essere ammesso al pagamento in misura ridotta, con ciò estinguendo il procedimento.
[1] La depenalizzazione in questione appare rilevante dal momento che, proprio a causa della crisi economica, molte aziende hanno conosciuto momenti di forte difficoltà a fronteggiare l’assolvimento di tale obbligo. Preme osservare come il tardivo esercizio della delega colma una fase di incertezza che aveva caratterizzato il periodo compreso tra l’entrata in vigore della legge-delega ed il suo effettivo esercizio: sul punto la Cassazione è intervenuta precisando che sino all’effettivo esercizio della delega da parte del Governo l’ordinamento penale non avrebbe comunque subito mutamenti di tal che, l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali avrebbe continuato ad essere sanzionato penalmente.
[2] Nell’esercitare la delega il Governo ha pertanto ritenuto di eliminare la sanzione penale al produttore legale che violi alcune prescrizioni relative all’autorizzazione, senza per questo dar luogo a scelte che implichino la depenalizzazione della condotta di coltivazione.